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— Emma!

— Cosa vuoi, caro?

— Soffoco. Come batte questo cuore. Senti. Metti qui la tua mano. La sola idea della gioia mi ammazza adesso. Non ti spaventare, no. Non voglio che tu chiami. Resta qui sola con me. Hai paura della morte, tu? Avrai ribrezzo del mio povero corpo inerte? No, vero? Abbracciami, così... Ah... che peso... qui... Abbracciami!... No, non dirmi babbo, non chiamarmi più padre... Non sai? non sai come ti amo... come ti ho amata?... Sempre!...

— Non morirai! Non morirai! Non devi morire!.. Guardami... Oh! adesso non devi, non puoi morire!... Ti amo, ti amo!

Come galvanizzato, egli scattò, drizzò la testa; strinse, con le tremanti braccia, il corpo sottile che gli si offriva così teneramente, e avviticchiandosi ad esso, posò le labbra inaridite su quelle rosee e fresche labbra.

Finalmente. Finalmente.

Ma il povero cuore si franse nel gaudio troppo lungamente sognato.

Emma sentì che egli s’irrigidiva in uno spasimo atroce.

· · · · · · · · · · ·

Un urlo disperato ruppe l’alto silenzio.

— Morto!...