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Il narratore riprese subito:

— Fin dalla prima notte avevo pensato d’interrogarlo come usavo con tutti; ma allorchè egli mi disse spontaneamente il suo vero nome mutai tattica. Fameuse! pensai, ora ti colgo. Un giorno andai a trovarlo mentre si riposava e gli dissi: «Famoso birbante, perchè hai abbandonata la tua bambina in Italia, e non te ne sei più occupato?» Parlando lo guardavo fisso. Egli impallidì, tremò, e si battè la fronte: La mia Emma! — mormorò — la mia Emma! Voi l’avete conosciuta, dite? E io: «Altro che conosciuta! È una bella e brava ragazzina. Le ho promesso di trovare suo padre e di portarle la sua fede di nascita.» E lì a raccontargli tutti i di lei discorsi, signorina, e le assidue visite ai baracconi nella speranza di rivedere i genitori o qualcuno che li avesse conosciuti. Le dico la verità, quell’uomo piangeva come un bambino. Oh, ma non pianga lei ora, non pianga. Si faccia animo; devo dirle dell’altro.

— Parli, parli, ho forza.... mio Dio!...

— Allora Walder mi disse che andassi alla parocchia di Lerchenfeld, che avrei trovata la fede di battesimo col nome di Emma Walder figlia naturale di Arrigo Walder e Maria Rosa Buttler. Precisa, come lei vede.

— E della mia mamma, non disse nulla?

— La sua mamma era morta da un pezzo: caduta da cavallo. E fu da quel momento che lui non ebbe più fortuna; una lunga storia di miseria e di decadenza.