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fantili, ma pure si ricordava di avere sofferto e amato, come i bimbi amano e soffrono raramente, con una intensità quasi patologica.

Rivedendola così bella, dopo tanti anni, egli aveva subito rievocato quelle vecchie storie, dicendole con un mezzo sorriso:

— Vedi?... Se tu mi avessi aspettato, si potrebbe essere sposi già da sei anni, e guarda che bella coppia si farebbe adesso!

Ma Cleofe aveva un rammarico assai più naturale.

— Se tu fossi ritornato prima, la sposa era bell’e pronta, e io sarei stata felice di vederla al tuo fianco...

— Neppure lei mi ha aspettato! — esclamò il giovine con un po’ di sarcasmo. — Non importa. Le sue nozze non mi faranno piangere come mi hanno fatto piangere le tue. E poi, non hai un’altra figlia, o quasi figlia?...

Cleofe era impallidita e aveva cambiato discorso.

La sola idea di dare alla figliuola degli zingari, come la chiamava nel suo segreto, lo sposo vagheggiato per la propria figlia, le faceva provare una specie di gelosia. Ma essa era innanzi tutto una donna dallo spirito positivo, niente nevrotica, ragionevolissima anche nei capricci e assolutamente incapace di persistere in una puerile gelosia, se l’utile suo o di sua figlia — specialmente di sua figlia — richiedeva il contrario.

Dacchè la Brussieri le aveva detto che per la fe-