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Quando si trattò di aprire il concorso per avere un organista, egli offrì i suoi servigi gratis.

Da quel giorno l’appellativo di «organista» con cui il popolo già lo indicava, non lo lasciò più. Passò qualche tempo così. Poi, tutto a un tratto, addio organo, addio chiesetta solitaria, addio erudite disquisizioni col vecchio prevosto.

L’«organista» aveva incontrato Cleofe, e la passione gli era entrata nell’anima e nel corpo, sconvolgendolo, come un uragano.

Cleofe Celanzi era una giovinetta orfana di padre e di madre; bellissima e con una dote di centocinquantamila lire in terre e case.

Tutto andò per le piane. Il matrimonio fu presto celebrato, e Leopoldo potè credersi il più felice degli uomini, tanto più che nessuno lo contrariava oramai, ed era padrone di vivere secondo i suoi gusti.

Fece qualche viaggio, che non lo divertì molto, perchè la vita degli alberghi gli piaceva poco; meno ancora le visite e gl’inviti. Presto non si mosse più dal paese. Suo padre, intanto, vegeto e forte, si rassegnava ad attendere un nipote per concretare il sogno mandatogli a male dai figli.

A dicianove anni Cleofe era un occhio di sole, e quando i due sposi uscivano insieme a braccetto, i parenti provavano una orgogliosa soddisfazione, che ne valeva molte altre.

Passò il prim’anno, e invece del maschio ansiosa-