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non lo amava: non intendeva neppure ciò che egli aspettava da lei. Era una gaia compagna: una voluttuosa tranquilla e serena, con un fondo di egoismo, intangibile, di animale sano. Cento altri sarebbero stati felici con lei; non Leopoldo Mandelli.

Egli, tuttavia, non fiatò.

Abituato a dominarsi, pauroso di ogni scandalo, ripugnante a qualunque lotta esteriore, chiuse in sè la dolorosa certezza della sua felicità rovinata. Leggeva troppo chiaro nel cuore della sua compagna. A che pro chiederle ciò che non aveva?

Come accade sempre, il suo stato interno trapelò, per quanto egli si facesse forza e cercasse di chiudere nel fiero animo l’irreparabile dolore. Trapelò dalla fronte severa, dallo sguardo inconsciamente malinconico, dal sorriso troppo spesso stridente.

E questo stato interno, reagì di conseguenza sull’animo di sua moglie.

Essa pure si sentì delusa, disamata e infelice alle sua maniera; e accusò di ogni cosa il marito che dopo di averla adorata esageratamente, si era subito stancato, senza un apparente motivo: secondo lei, per puro capriccio. Certo non era donna da disperarsi. Fin da giovinetta aveva sentito dire che gli uomini, salvo qualche rara eccezione, erano su per giù tutti uguali: incontentabili, capricciosi, presto stanchi della moglie, e annoiati del matrimonio. Si rassegnò dunque