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nell’ingranaggio 105

vava, e la sua intelligenza cercava di ragionare traverso gli offuscamenti della passione. Dacchè aveva avuto il coraggio di uscire da quella casa, ella si diceva che doveva desiderare almeno di non perdere il frutto del suo coraggio. O se no, perchè aveva preso una decisione che non era capace di sostenere? Perchè non aveva avuto piuttosto il coraggio disperato della passione? Perchè non aveva detto a Giovanni che sua moglie lo tradiva? Che ella non era degna di portare il suo nome, e che lui aveva tutto il diritto di mandarla via?... di divorziare, se era vero che la legge, sotto alla quale aveva contratto il suo matrimonio, gli concedeva tanto vantaggio? — Che felicità allora per lei! Giovanni libero, Giovanni padrone di amarla e di sposarla!

Un brivido di piacere le ricercava le fibre.

Socchiudeva gli occhi e guardava il quadro delizioso della felicità, ch’ella non aveva saputo conquistare. Oh! perchè? perchè se l’era lasciata sfuggire?

Per uno scrupolo, per un falso orgoglio! Perchè era una indole incompleta, che anelava alla felicità e non sapeva lottare per procurarsela: che voleva essere generosa, eroica, e poi non aveva la costanza del sacrificio. Perchè apparteneva alla razza antipatica e vile degli eterni spostati, dei malcontenti incurabili. Si faceva rabbia. Aveva dei momenti di spasimo acuto, nei quali avrebbe voluto strapparsi il cuore: finirla.

Ma poi la speranza le ritornava. Forse l’amore di Giovanni durava come il suo, e bastava che gli scrivesse che gli desse un appuntamento, lui sarebbe accorso, e ella gli avrebbe parlato.