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nell’ingranaggio 127

una linea di condotta così ferma e prudente; ma in questo caso egli era stato consigliato da un interesse più alto ancora.

Da parecchi mesi egli credeva di essere sulla traccia dei grandi imbrogli che si facevano nella amministrazione dello stabilimento industriale, a cui aveva affidato tanta parte de’ suoi capitali e tutto il suo credito; da parecchi mesi egli sapeva pure che l’avvocato Anselmi doveva essere il complice principale di quella ladreria. La chiave dunque non poteva arrivargli in miglior punto. E d’altra parte, Edvige nella sua qualità di dama benefattrice, aveva tali relazioni e così continue con personaggi altolocati e rappresentanti dell’autorità, che il suo ajuto gli era indispensabile, per eseguire il proprio piano di difesa.

Egli era andato, dunque, direttamente da sua moglie, sormontando, con uno sforzo supremo, il disgusto e la collera che ruggivano nel suo cuore, e le aveva parlato francamente.

In poche parole le aveva provato di sapere ogni cosa e che non valeva la pena di negate: meglio valeva una confessione spontanea, generale, sulla quale egli avrebbe poi deciso quello che gli rimaneva a fare per la loro vita avvenire: ora si trattava di riparare a un grave disastro, a cui lei, come madre, se non come moglie, non poteva essere indifferente — poichè, l’averla avuta compagna per tanti anni, l’averle dato il suo nome, l’essere lei madre di sua figlia, gli vietava di supporla complice di un truffatore: pensava piuttosto che l’astuto Anselmi si fosse servito della sua stolta passione per impadronirsi di certi indirizzi e scoprire il segreto di alcuni affari importanti.