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12 nell’ingranaggio


«Mi sono chiusa in me stessa. Penso a Eva, alla mia amica, che non mi scrive....

«Forse è in collera, forse non mi vuol più bene!

«È puerile essere gelose nell’amicizia. Sarà! Allora io sono sciocca e puerile.

«Mio Dio! Che colpa ho se in questo affetto, se in questa amicizia ho posto tutta l’anima mia? È proprio vero, sono gelosa; non voglio che lei abbia altre amiche. E questo è impossibile, e io ne soffro tanto. La lettera che le ho scritto non è risentita, ma è addolorata, profondamente addolorata. L’ho pregata di confortarmi: lo farà?... Sono passati due giorni e il conforto non viene ancora!»

_ Quant’ero mai grulla! — esclamo Gilda, chiudendo stizzosamente il suo giornaletto. E fu condannato anch’esso ai sonni eterni nel ripostiglio.

La villa dei signori Pianosi, dove le fu assegnata una bella camera con le finestre che guardavano il lago come tuttala facciata dell’elegante edificio, parve a Gilda un vero paradiso.

La signora Edvige Pianosi non poteva essere più amabile. La piccola Lea era docile e buona. Il Banchiere, un gentiluomo all’inglese, serio e freddo, quantunque gentilissimo, la intimidiva un poco; perciò era più allegra e si sentiva più libera nei giorni in cui gli affari della sua banca l’obbligavano a fare una corsa a Milano.

In quei giorni le donne rimaste sole si stringevano in una più dolce intimità. Edvige cantava