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nell’ingranaggio 183

— ma ragazzo certo; aveva tredici anni lui, e io diciassette.

— Già, non ci corrono che quattro anni fra me e lui — soggiunse, vedendo l’atto di stupore che aveva fatto la fanciulla — quattr’anni, e a guardarci adesso, io sembro la sua nonna! Non è vero che gli anni passino per tutti a una maniera. Anche la signora Edvige pare sempre giovine, e se non ingrassa troppo chi sa quanto dura ancora allo stesso modo. Chi sa di che diavolo sono messe insieme quelle donne là! San fare a vivere, loro. Io non ho saputo. E neppure lei, Gilda! E in questo che ci si somiglia. Quando il signor Giovanni ha avuto qualche anno di più, cominciò a fare gli occhi lucidi ogni volta che mi guardava, e mi guardava di molto. La sua povera mamma s’era messa in testa di tenerlo in careggiata come una signorina; sempre in casa, sempre attaccato alle sue gonnelle. Per questo lui non aveva occasione di trovarsi con altre ragazze di confidenza, e col sangue caldo che aveva stava sempre dietro a me. Io, povera sciocca, che non capivo niente di niente, mi figurai che mi volesse un gran bene, che mi potesse sposare, e m’innamorai come una gatta.

Gilda la interruppe. Questo racconto, così inaspettato per lei, ch’ella non aveva provocato, urtava tutte le suscettibilità del suo cuore e della sua fantasia.

— La prego, Sabina — disse — non mi racconti di più: non desidero di sapere.

C’erano delle lagrime nella sua voce. La Sabina capì, e mostrò più tatto e gentilezza di quanto uno potesse aspettarsi da lei.

— Non abbia paura, — rispose con un lieve sospiro,