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nell’ingranaggio 15


Un altro gruppo stabile si fermava intorno al pianoforte. E la maldicenza e la galanteria s’infiltravano da per tutto, scorrevano dolcemente, lentamente, serpeggiando fra quelle isole umane dalla vegetazione lussuriosa; come due fiumi profondi e ricchi, le cui acque bionde di tratto in tratto s’intersecano, s’allargano in laghi, o spariscono in vie sotterranee, donde poi ricompajono in forma di rumorose cascate o di invincibili correnti.

Lea, capricciosa e vivace in quella confusione che eccitava i suoi nervi, trascinava Gilda da un punto all’altro. E da per tutto, la elegante figura della giovine istitutrice, i begli occhi espressivi, la pelle bianca, i capelli fluenti, trovavano qualche ammiratore e commentatore. Molti le sburravano dei complimenti che le facevano piacere, per quel bisogne di carezze e di affetto che ella portava con sè da per tutto, e che la freddezza e la indifferenza offendevano. Quel tributo d’ammirazione e di simpatia ch’ella trovava sulla sua strada, la compensava fino a un certo punto della vita moralmente fredda, cui è condannata per necessità una istitutrice, nella sua posizione di straniera in seno alla famiglia che l’ha accolta.

La grande potenza d’amore ch’ella aveva portato con sè nascendo, trovava una dolce divagazione in quella specie di effluvio amoroso che sentiva alitarsi intorno. Era come un profumo penetrante che l’avvolgeva, senza avvamparle il sangue, preservandola dalla crittogama dell’invidia, che tanto facilmente s’attacca alle creature appassionate, se il destino le ha messe nella classe dei subalterni.