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nell’ingranaggio 195

voro come un disperato. Si era ubbriacato di cifre, di piani arditi. Aveva imposto alla sua intelligenza un tema che doveva occuparla sempre: la ricerca delle cause di quella disdetta terribile, contro la quale tutti i suoi sforzi riescivano vani.

Improvvisamente gli era parso che tutto crollasse intorno a lui, che la terra s’aprisse sotto i suoi piedi.

La sua vita si era sfasciata. Un colpo formidabile lo aveva atterrato. Mentre lui dava tutte le sue forze al lavoro, mentre lui combatteva con tutte le sue forze contro una passione alla quale avrebbe sacrificato tutto, con somma gioja; mentre lui faceva tutto questo, per il suo onore, per la pace della sua coscienza e la tranquillità della sua famiglia, sua moglie lo disonorava, e lo stesso uomo ch’essa gli preferiva, congiurava per demolirlo anche negli affari, servendosi dei mezzi più bassi.

Al primo momento egli aveva creduto poter resistere anche alla scoperta di tutte queste infamie. Avendo fatto tacere i sentimenti più naturali; nascosto il dolore e la indignazione sotto la sua apparenza abituale di gentiluomo compassato, freddo, alla inglese, e si era messo a riflettere sui migliori mezzi per far fronte al disastro imminente, e salvare almeno l’onore della firma e gli interessi di tutti quelli che avevano affidato il loro patrimonio alla onoratezza e al credito della casa sua, come un eroico capitano, che nel momento del massimo pericolo, dimentica sè stesso, per non pensare che alla salvezza della nave e dell’equipaggio.