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nell’ingranaggio 219

poi non vuole, si vedrà di trovarle qualche altra occupazione. Intanto tu va da lei, consigliala con le buone a venire via di là, e dille quello che ti ho detto io: ma non le parole cattive, soltanto le buone, sai bene che sono furiosa. E ora addio, neh, la mia donnetta! Torna a dirmi qualche cosa, neh?

La Caterina si asciugò gli occhi, baciò la mano della Contessa, la ringraziò per la sua bontà e usci dal palazzo un po’ consolata nella sua tristezza. Giacchè era in istrada andò direttamente a casa Pianosi.

La Sabina la fece subito entrare nella camera che era di Gilda e andò a chiamare la giovine.


Quando la Sabina entrò, Giovanni si era levato da poco e stava seduto sull’ottomana fuori dell’alcova, davanti a un tavolino, dove Gilda gli aveva preparata la colazione.

Egli si lasciava servire da lei perchè capiva che quello era il solo mezzo per tenersela ancora un poco vicina. Una profonda tristezza rendeva inutile per lui il naturale piacere della convalescenza. Avrebbe voluto essere ancora a letta con la febbre, in pericolo di morte, purchè Gilda fosse sempre vicino a lui. Non avevano ancora parlato dell’avvenire, non se n’erano sentiti capaci nè lui nè lei; ma quando si guardavano negli occhi intendevano bene che l’ora della separazione stava per suonare.

Le voci nemiche avevano avuto un’eco fin là dentro, in quell’asilo: la Sabina, che, per la influenza e i consigli del dottor Rambaldi era tornata buona e affettuosa verso la fanciulla, l’aveva