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268 nell’ingranaggio


— ... e senza modestia, va bene — replicò il narratore — tanto più che io la odio la vostra modestia... Ebbene, dunque, tali successi lo incoraggiarono e lo spinsero all’opera. Egli era direttore dei dilettanti milanesi; trasformò i dilettanti in artisti, e dalla accademia trasse la compagnia stabile, della quale divenne naturalmente direttore e impresario. Poi, siccome il disgraziato aveva anche un pochino di soldi suoi, provvide a trasformare la sala in un vero e completo teatro. I danari sono volati via; ma l’opera almeno resta e qualcheduno ne gode.

I tre comici risero, egli s’interruppe un momento, poi riprese:

— L’importante è di vedere come si è cavato fuori questo teatrino, così stringato e elegante, da un meschino cortile stretto come nelle morse. Alzarsi, come le ho detto, non si poteva, perchè c’era una quantità di finestre che prendono aria e luce da questo foro: non potendoci alzare ci si sprofondò. Sicuro! Ha visto i gradini che bisogna scendere per arrivare in platea? Ebbene di tutta questa altezza si è abbassato il livello del suolo! Così si è potuto avere un teatro di due ordini, senza dar fastidio a nessuno.

— È così carino! — osservò Gilda sorridendo.

— Carino, sì! — sospirò Clelio Arrisi — a me costa molto caro; ma lo amo tanto che non me ne so staccare!

— È sempre così quando si ama davvero osservò Rodio — e tu forse non hai amato nessuna donna in particolare, come ami questo teatro, sebbene, in generale, tu le abbia amate più di chiunque.