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nell’ingranaggio 289

piccoli, che non sapevano o non volevano ballare. I babbi e le mamme e tutti gli spettatori che si sarebbero stancati di godersi quello spettacolo sedendo sui divani e le sedie schierate tutto all’ingiro nella sala da ballo, potevano rifugiarsi nella sala del biliardo e nell’annessa camera pei fumatori, cui si accedeva dalla sala destinata al buffet; o nel salottino pompadour, all’altro capo della galleria.

L’appartamento non poteva essere più comodo, nè più giudiziosamente disposto per qualunque trattenimento.

La signora, già vestita, in un semplice abito di raso e plusce verde cupo, molto attillato e accollato, di una sobrietà di linee, e di un gusto squisito, disponeva con le sue mani i mazzi di fiori, per lo più violette di Parma e rose bianche, che aveva ricevuto nella mattina insieme agli auguri di capo d’anno. Il suo viso raggiava di contentezza.

Ella guardava la bimba quasi con un sentimento di gratitudine, sorridendole soavemente, tutte le volte che veniva a chiederle una spiegazione od un qualche ordine da riferire ai domestici affaccendati.

Tutto andava a gonfie vele per lei. Il periodo burrascoso era passato: aveva vinto le ultime decisive battaglie.

Dopo quella calda sera di luglio in cui un ritorno di tenerezza, o quella sua inquieta voglia di avventure e di commozioni, la spingeva a voler vedere ancora una volta le mobilie dell’appartamento di Paolo Anselmi esposte al pubblico per essere vendute all’asta, ella era stata messa a