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302 nell’ingranaggio


— Proprio sempre infelici? — domandò ironicamente il cugino Minelli che aveva sentito.

Ella gli rispose con uno scherzo. E continuando lo scherzo egli le additò Lea che discorreva con suo padre.

— Vedete — disse — queste infelici, come imparano presto l’arte di sedurre i loro tiranni! La piccina domanda al tiranno di condurvi a Roma tutte e due, e il tiranno non sa dir di no.

Ella lo guardò negli occhi. Era proprio vero? Ma non pronunciò la domanda.

Il cuore le batteva troppo forte. Aspettò di essere calma, poi con la sua voce più dolce e l’accento più sincero:

— No, no, Minelli — disse — non è vero che siamo sempre infelici: finchè abbiamo di questi angeli — accennò ai bambini — non siamo mai interamente sventurate qualunque sia il nostro tormento.

Intanto altri signori arrivavano, la musica cessava, e i bimbi rossi, eccitati, imploravano ancora un valtzer, ancora una polka.

Invece le loro mamme li chiamavano a nome, perchè sedessero vicino a loro e si riposassero un momento almeno.

Ma chi poteva tenerli?

Anche Edvige chiamò Lea, e stringendosela amorosamente fra le braccia e baciandola le domandò:

— Che ti ha detto il babbo?

XVIII.

Caterina Mauri aiutava sua nipote a prepararsi un costume nuovo per un vaudeville che doveva