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nell’ingranaggio 31


teva vincere un certo rancore, approfittò del momento per investirla furiosamente.

Ma lei quella sera s’era giurata di mostrarsi docile e mite, tenera di cuore e candida d’animo, perchè questo le pareva il miglior mezzo per acquistare la simpatia del Calabrese e avere in lui, ad ogni caso, un ammiratore, tanto più eloquente quanto più convinto.

— Comunque sia, — disse Adriani a un certo punto della disputa — ella non arriverà, spero fino a negare l’utilità, la necessità del divorzio?... Sarebbe troppo strano da parte sua!...

Edvige sentì tutta la perfidia di questa insinuazione e il lieve mormorio che corse fra gli astanti, seguito subito da un involontario silenzio, la fece accorta che l’intenzione offensiva dell’uomo politico non era sfuggita a nessuno.

Eppure ella trovò la forza di dissimulare perfettamente la sua collera e la sua emozione.

Il Rachelli che la guardava cominciò a stimarla per questa potenza di volontà.

— Mio Dio! — esclamò con la sua intonazione più musicale — noi non siamo che povere e deboli donne, condannate a soffrire e piangere, qualunque sia la legge che s’impone al nostro cuore. Questo io so, e nient’altro! Il divorzio, voi dite, è una necessità!... Vi saranno dei casi, io non nego... posso farmi giudice di questi casi, io, caro amico?... Pur troppo vi sono tante mogli infelici! Ma almeno non sono in balìa del capriccio; la loro vita scorre tranquilla nelle pareti domestiche! Se il marito le tradisce, se perdono l’amore, hanno i figli e la casa! E noi donne, se abbiamo cuore, se siamo vere donne, amiamo la casa quasi quanto