Pagina:Speraz - Nell'ingranaggio.pdf/50

Da Wikisource.
46 nell’ingranaggio


vanità prepotente e l’astuzia femminile della razza di sua madre. Se Paolo Anselmi confidava nel suo genio per conquistare la fortuna, Edvige da parte sua si sentiva irresistibile, perchè era bella, astuta e piena di desideri e di forza per soddisfarli.

E a lui era fallito il genio, non a lei la bellezza.

Almeno, non ancora.

Per questo le sue preoccupazioni erano tutte per l’avvenire.

Nel passato aveva sempre vinto; ma nel futuro?... Là mancava la sicurezza.

Aveva trentasei anni. Si sentiva giunta all’apogeo del suo sviluppo fisico e intellettuale. Le sue forme avevano una pienezza voluttuosa, nei suoi occhi brillava il fuoco intenso e affascinatore della passione, che sa il suo potere; la sua carnagione aveva la freschezza giovanile; i suoi capelli erano intatti. Eppure!... certi dati la inquietavano.

Non si sentiva più così sola e assoluta padrona in mezzo agli uomini. Altre potenze sorgevano intorno a lei, e con queste bisognava lottare accanitamente; bisognava contornarsi di lusso, di feste, di adulatori per mantenere il prestigio, che una volta — una miseria di qualche anno addietro! — risiedeva tutto in lei stessa.

A volte, ella si diceva, che il suo massimo torto era stato di ostinarsi in quell’amore. L’amore vecchio invecchia. Un amore nuovo l’avrebbe ringiovanita di dieci anni. Ma ella non aveva mai potuto staccarsi da quell’uomo. Dieci anni addietro, dopo di essersi separati — perchè lei, a voler far carriera aveva bisogno di andare all’estero, e lui, per non morir di fame doveva rimanere in