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nell’ingranaggio 79


piccolo giardino; ma in quei giorni grigi del novembre, tutto era avvolto nella stessa penombra.

Questa intonazione dell’ambiente si armonizzava con l’umore delle persone. Parevano tutti foschi, annojati.

Soltanto Sabina stentava a frenare di tratto in tratto una nota trionfante.

Quando era sola con Gilda le usava dei riguardi, la trattava con una cert’aria di sommissione e di rispetto, assai diversa dalla famigliarità dei primi mesi.

Poi tutto ad un tratto si rabbujava, diventava ispida, insolente.

Gilda l’avrebbe schiaffeggiata.

Un giorno la sorprese che discorreva fitto fitto col cuoco, e senti queste parole:

— ... Si avvicina il momento tante aspettato: la zingara se ne dovrà andare: il padrone è stufo: vuole la giovine adesso; a momenti gli dirò tutto... La signora Edvige andava molto fuori di giorno, e sola.

Lea rimaneva in casa per le lezioni che doveva prendere, lezioni di francese, di pianoforte e di ballo.

Gilda assisteva alle lezioni, poi conduceva la bimba alla passeggiata in carrozza. Ai giardini scendevano. Qualche volta vedeva una o l’altra delle antiche compagne di scuola, le salutava, le chiamava per nome, e non poteva sfuggirle la specie di meraviglia astiosa, o di disprezzo affettato, con cui alcune la guardavano, poi rispondendo al suo saluto con apparente cordialità.

Quando s’imbatteva in quelle che le volevano ancora bene e le facevano festa, tornava a casa