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più contenta: le pareva di essersi rituffata nella sua giovinezza, di avere riconquistata la spensierata baldanza di quando andava alla scuola.

Ma in casa ritrovava la sua oppressione.

Le pareva che la signora Pianosi la trattasse con sorda ostilità e cercasse di coglierla in fallo; qualche volta leggeva nei suoi occhi un sospetto, un rimprovero. Quantunque innocente ella si sentiva tutta turbata sotto quello sguardo fisso, diventava rossa e chinava i suoi grandi occhi neri per nascondere le lagrime che li facevano lustrare.

Non era più una posizione sostenibile quella per lei; se lo diceva tutti i giorni; eppure non aveva il coraggio di licenziarsi!

Licenziarsi voleva dire, forse, non rivedere mai più Giovanni; e questa le pareva insopportabile.

Egli non aveva più cercato di trovarsi solo con lei.

Ma quando la incontrava insieme agli altri, afferrava tutti i pretesti per starle vicino; la colmava di gentilezze, s’indirizzava sempre a lei col discorso, anche se erano presenti altre signore, come se avesse voluto mostrare apertamente che la stimava sopra tutte, che per lui era la più nobile.

La coscienza del sacrificio intimo a cui si era sottomesso spontaneamente, gli creava questo bisogno di sfidare le apparenze. Non aveva nulla a rimproverarsi: quella ragazza gli era diventata sacra; ma appunto per questo si credeva in diritto di imporre agli altri la sua preferenza, di mostrare a tutti fino a qual punto la venerava,

Edvige, che non mancava di spiarlo, sapeva tutto, ma n’era assai più offesa e allarmata, che se Gilda fosse stata davvero la sua amante.