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dre se n’era già andata da alcuni anni! — era morto allora allora; perciò, non avendo più da pensare altro che per sè, ella aveva lasciato la direzione di una scuola mista, in una città della Calabria, dove guadagnava assai più, ma dove le sue forze si consumavano in una eccessiva fatica.

Il nuovo posto, quantunque meno lucroso, era più signorile per l’importanza del collegio e per le comodità materiali di cui erano circondate le maestre, o meglio, le istitutrici, poichè questo era il titolo che qui avevano. Ed era appunto ciò di cui ella sentiva maggior bisogno, con la sua salute delicata. Così si rassegnò; e a poco a poco finì con l’abituarsi alla nuova vita, e si fece benvolere da tutti, perfino dal cappellano, quantunque i suoi principii, ch’ella non sapeva nascondere, fossero poco favorevoli alle pratiche esteriori del cattolicismo.

E ora... trach!... nella sua vita si faceva un nuovo strappo, mille tenui legami si frangevano; ella doveva cominciare un nuovo tirocinio per approdare — chi sa! — forse a meglio, forse a peggio!

Uscì dal dormitorio, dove non sarebbe più ritornata, mandando ancora un saluto al suo lettuccio bianco, immerso nell’ombra; poi traversò il corridoio per arrivare allo scalone che conduceva alle stanze di scuola e alle grandi sale di ricevimento.

Nel corridoio riscontrò il domestico, che si presentava in una maniera molto curiosa sul fondo buio dello scalone, con un materasso in ispalla, un lumino in mano, e il grosso cane bastardo dal pelo lungo che camminava gravemente dietro le sue gambe.

— Oh, Pietro! — esclamò — m’avete quasi fatto paura! dove andate con quel materasso?