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credere che fossero immaginazioni, fandonie da romanzieri, tanto a lei non era mai capitato nulla.

Nulla! Che vita noiosa!

Il solo romanzo della sua giovinezza non valeva la pena di essere raccontato, ed era rimasto in tronco al primo capitolo, come certi abbozzi malavviati, di cui il romanziere si disgusta fin dalle prime pagine.

Ella aveva allora vent’anni e stava aspettando l’esito di un concorso, poichè, malgrado il diploma superiore, non aveva trovato ancora da collocarsi, e viveva in casa sua aiutando la mamma. Una posizione assai penosa, con quel po’ po’ di miseria.

Un giovine del paese, metà possidente, metà contadino, s’era insinuato nell’amicizia del vecchio Maggi e frequentava la casa tutte le domeniche dopo pranzo. Non era un’aquila, ma nemmeno uno sciocco; e poi, un bel giovine. Le dimostrava una simpatia piena di rispetto, che la faceva sorridere molte volte in una serata. Allora era lui che arrossiva invece di lei, perchè era timido e un po’ in soggezione. Specialmente quando babbo Maggi parlava in lungo ed in largo della splendida educazione che aveva dato alla sua figliuola, del concorso che avrebbe vinto, della carriera lucrosa che si sarebbe aperta, il povero Giovanni Tortoli rimaneva come soffocato.

Tuttavia, qualche volta trovava il coraggio di osservare, che il posto era buono davvero con 1800 lire di stipendio, vale a dire più del pretore del capoluogo che ne aveva sole 1500; senza contare di più l’alloggio che la maestra avrebbe avuto gratis, ma che però c’erano degli inconvenienti: un paese di briganti e un da fare da cani, basti dire, otto ore