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I miei compagni godevano, erano felici tutti; dalla instancabile Giannina che s’arrampicava da per tutto, a quell’apata di Antonio che si crogiolava beatamente al sole.

Io sola mettevo un’ombra nel quadro. Mi ero promessa di essere allegra; di godere quella bella giornata con la mia famigliuola. Inutile.

Il mio viso si oscurava involontariamente, e non riescivo a frenare certi scatti di nervi.

Ernesto cercava di distrarmi: era buono, carezzoso. Oh! egli la sa fare bene la carità a sua madre! Ma è sempre una limosina di affetto che non basta a saziare il mio cuore.

Sono esigente, ma non posso cambiarmi.

Giannina è stata insopportabile, e tanto Sofia che Ernesto erano in continua ammirazione delle sue gesta.

Come sono pazienti gli uomini quando l’amore li domina! Io però non sono stata amata così, mai mai. Oh! ma vi sono forse al mondo uomini capaci di amare come mio figlio?!

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30 Gennaio 1881.

Antonio è ammalato. Molto ammalato.

Quanto ho pianto oggi!...

L’amavo dunque ancora un poco? Povero vecchio!...

Mi ha chiamata accanto a sè, e mi ha dette certe cose...

Mi ha commossa, mi ha sconvolta.

Chi avrebbe creduto ch’egli leggesse così bene in fondo al mio cuore?

Mi ha chiesto perdono di avere vissuto troppo, di non