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Un inverno, alcuni anni or sono, essa rimase due giorni e due notti senza rincasare.
Da principio si scherzò.
La Cristina si era fatta l’amante!...
L’avevano rapita al veglione!
No, era il diavolo che se l’era portata via con tutti i suoi gatti!...
Il gatto rosso diffatti non si vedeva, ma il gatto nero saliva la scaletta miagolando spaventosamente.
Si tentò di aprire la camera; era chiusa a chiave.
Una donna insinuò lo sguardo nel buco della serratura e credè di vedere la chiave dalla parte interna.
Dunque la Cristina non era uscita!
Dunque era chiusa dentro insieme al gatto rosso che forse l’aveva strozzata!
Certo era indisposta — forse morta!
Per tutta la sera e la mattina di poi vi fu una processione di esploratori alla serratura di quell’uscio.
E tutti se ne ritornavano col viso sconvolto, affermando che la chiave c’era e che si sentiva un gran puzzo, un puzzo di cadavere!
In quell’occasione, le bocche più timorose si aprirono e le lingue più restie si sciolsero sul conto della Cristina.
Che cos’era veramente?
Ma!... Una poco di buono certo!
Quell’occhio torvo — quel perpetuo silenzio — quella schiena piegata ad arco — quella cupa religiosità e quella sfrenata passione pei gatti, erano brutti indizi!...
Doveva aver commesso qualche nero delitto.
Ammazzato l’amante.... cinquant’anni addietro!...