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Cristina era stata trovata morta davanti alla chiesa di San Pietro in Gessate. Allora gli era venuto in mente di andare a vedere se era veramente «quella fannullona» e se gli aveva lasciato un poco di roba!...

E rideva, cinicamente, crollando il capo.

Dopo queste relazioni i vicini parlavano molto pietosamente della vecchia Cristina, della Cristina dei gatti; e quelli stessi che le avevano trovata una faccia di birbona, si vantavano ora di averla sempre stimata e indovinata buona, per quel non so che di dolce che aveva nel sorriso, per la pietà verso le povere bestie.

Ma di questo ritorno dell’opinione pubblica, nell’antica villa decaduta, approfittano soltanto il gatto rosso ed il gatto nero.

Quegli stessi uomini e quelle stesse donne che tante volte attentarono alla loro vita, ora si sono messi a nutrirli amorosamente in omaggio alla morta.

Pare però che i due gatti non vogliano più affezionarsi a nessuno e rimanere indipendenti nel loro naturale egoismo.

Non seguono nessuno, non vanno incontro a nessuno. Si vedono quasi sempre allo stesso posto, sulla finestrella rotonda in fondo allo scalone, ritti sulle zampine davanti, quelle di dietro ripiegate sotto il corpo, immobili, col musino sporgente, nella loro posa di bestie monumentali. Forse aspettano sempre la vecchia. Forse filosofeggiano sulla tristezza e la mutabilità delle cose umane.

Sembrano gli dèi lari dell’antica casa.