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Non contenti di averla cacciata, dunque, si sottraevano perfino ai suoi lagni, alla sua vendetta, alle sue preghiere!

Un singhiozzo le sollevò il petto. Per quanto abbrutita, il dolore poteva in lei ancora più della collera, più della fame. L’assaliva una corrente di tenerezza retrospettiva che la trasportava. Quelle due creature che erano sue, nate da lei, nudrite da lei, e che ora andavano via... lontano... con la ganza di suo marito... Quelle faccine delicate, quei sorrisi ingenui, quei grandi occhi dolci, che tanto l’avevano confortata nei primi anni..., quei tepidi baci... quelle sante carezze... oh! come tornavano alla sua memoria, come la straziavano!... Se avesse potuto rivederle un momento, baciare quelle testine ricciute, esalar l’anima ai loro piedi!

La portinaia le aveva voltate le spalle, ed ella rimaneva là, ritta sul marciapiedi, sotto al becco del gas che metteva in risalto tutta la sua miseria.... In quel momento non pensava a nascondersi — non sentiva il freddo acuto... nulla.

Una guardia, che da qualche tempo la sorvegliava per sorprenderla in delitto flagrante di accattonaggio, visto che non ci riusciva, le intimò bruscamente di andare avanti, chè disturbava la gente.

Matilde non si scosse, non fece alcun gesto di sorpresa nè di protesta, si asciugò gli occhi pieni di lagrime e lentamente, quasi inconsciamente obbedì al comando.

Tornò a camminare, o meglio a scivolare rasentando i muri, come un’ombra. Così rifece la sua penosa Via Crucis, per raccogliere le risposte ai suoi tre biglietti, pensando a tutt’altro, o non pensando affatto come una macchina che compie il suo giro.