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132 la dama della regina

trattava di una simpatia infantile, nè di un capriccio di adolescente curiosa. No: era un affetto vero, un attaccamento forse indistruttibile. Come ero nato quell’amore? Egli era stato quasi sempre lontano e nelle brevi visite alla famiglia, vedendo la piccina crescere e farsi bella, egli si era atteggiato a padre od almeno a fratello maggiore. Pensandoci meglio si ricordò che il suo defunto padre, desiderando stringere di più i vincoli che, forse da secoli, univano i Castellani agli Alvisi, aveva accarezzata l’idea di un matrimonio tra l’unico figlio e la nipote che egli prediligeva. Forse le due madri, con la solita imprudenza femminile, avevano parlato, e la bimba si era abituata a considerarlo come il suo futuro sposo... Povera piccina!..

Così intuendo la cosa, Aurelio indovinava a metà. Non le madri femminilmente imprudenti avevano parlato, bensì il padre stesso, il defunto conte Castellani. Un giorno, poco prima di morire, approfittando di un istante in cui si trovava solo con la nipote, egli le aveva detto:

— Ascoltami, Elena; e tieni a mente ciò che sto per dirti: tu sei buona e bella: sono sicuro che tu diventerai una donna amante e fedele, perciò io desidero che tu ami il mio Aurelio e che egli ti sposi. Verranno giorni tristi per il paese e per lui: giorni nei quali egli avrà bisogno