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la dama della regina 137

— Ci fa piacere, caro nipote, perchè vuol dire che sei diventato savio: che non hai più quelle pazze idee.

— Oh! Oh!

— Siamo felici che ti sei staccato dal tuo demone.

— Eh!.... Chi sarebb’egli il mio demone?... Ah!... Marco?... Oh! povero Marco!...

Gli altri continuavano. Il podestà e l’arciprete tacevano perplessi. Con un gesto rapido Ettore si staccò dai suoi tre ferventi ammiratori e volgendosi al conte Castellani lo apostrofò:

— Tu che sorridi così enigmaticamente, dimmi un po’, se lo sai, cos’hanno quei tre? Perchè mi fanno tante feste?

— Ecco: hanno sentito alcuni periodi delle tue lettere e ti credono un antirivoluzionario, un conservatore a tutt’i costi.

— Perchè hai letto agli altri le mie lettere?

— Perchè tutti desideravano di sentirle e piacevano immensamente a tutti.

— Ah, sì? Va bene. Io, cari amici — disse volgendosi agli altri — sono sempre quello di prima: un ribelle, un innamorato di tutte quelle idee che a voi sembrano eresie. Non posso accordarmi con quelli del partito democratico di Venezia, perchè io sono un poeta della democrazia, essi invece non ne sono che i cucinieri. Ma con