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la dama della regina 145

riceveva quasi tutti i giorni le solite visite. Vi capitava pure la nipote del podestà, la timida Irene, sul suo asinello, che: ella non era mai stata capace di montar a cavallo. I cavalli le facevano paura. Là, nel vecchio giardino, l’esile corpo abbandonato su una sedia a sdraio, ella rimaneva ore ed ore, con le gambe al sole, come le ordinava il medico; il bel visetto color della cera illuminato da un vago sorriso e gli occhi fisi nel cielo, seguendo gli aerei viaggi delle nuvole e interpretandone gli aggruppamenti e le mutevoli forme, con bizzarre immagini. Le sfuggivano a volte esclamazioni di meraviglia, parole di ammirazione.

— Cos’hai, cara? — le chiedevano gli astanti.

— Cosa vedi di straordinario?

— Guardate, oh! guardate — ella diceva. — Non vedete una donna con la corona? Essa fugge: Un leone la insegue... Com’è grande il leone!. Non vedete?... E là in fondo sta un gigante......

Tutti guardavano, ma nessuno riesciva a cogliere le immagini indicate tra quelle forme confuse.

E la bimba alzava le spalle con un sorriso di compassione. La sola Elena sapeva seguirla in quelle fantasie. Ma Bianca che non poteva soffrire quel giardino dalle linee classiche, dai colossali cipressi, conduceva Elena via di là, nel