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192 la dama della regina

La sera del 13 maggio, i pescatori che si spingevano assai lontano dalla costa istriana ebbero da pescatori dell’altra riva le prime notizie dei fatti avvenuti il giorno prima a Venezia. Notizie confuse, esagerate, di rivolte, di stragi, di tumulti: vere nel fatto principale, l’abdicazione della Repubblica.

Giunsero presto notizie più esatte. Il «Maggior Consiglio» aveva votato l’abdicazione per trasformare tutto l’organismo della Repubblica. E subito avevano proclamata la libertà del popolo. Il nuovo governo per intanto si chiamava «Municipalità provvisoria». Il popolo furibondo gridava: «Viva San Marco!»

In casa Castellani la costernazione era la massima. Gli amici, riuniti nella sala, stavano muti, attoniti, aspettavano altre notizie, nuovi particolari, serbando in cuore la vana speranza di una notizia che smentisse i fatti indistruttibili. Ettore Almerighi, pur non deplorando la caduta di un governo che egli stigmatizzava da lungo tempo, sentiva il peso grande di quel fatto imposto dal despota straniero e compiuto sotto la pressione vergognosa della paura. E poi egli sapeva che i democratici non avevano guardato ai mezzi pur di raggiungere lo scopo. Così, arrivato il giorno in cui, date le sue tendenze politiche, egli avrebbe dovuto essere soddisfatto, aveva il cuore pieno di amarezza.