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si trovò un’altra volta sola e abbandonata. Senonchè il principe la raccomandò all’ambasciatore russo e questi ai suoi amici di Venezia. Nostro cugino Giovanni che ha conoscenti e amici da per tutto le aveva trovato asilo in Verona presso una nobile famiglia. Ella poteva rimanervi fino a che si trovasse modo di riunirla alla casa del principe. Quanto al marchese di Verdier, suo padre, non c’è da farne conto finchè dura la guerra in Brettagna e in Vandea. I fatti recenti e il panico dei veronesi cambiarono le cose. Giovanni era inquieto: voleva andare a Verona egli stesso, ma alla sua età e in tali momenti era una cosa diffìcile: la sua famiglia protestava. Allora io mi offersi. Al momento pareva che io dovessi condurla a Venezia in casa di Giovanni. Capii subito che neppure questo piaceva alla famiglia. Dicevano che a Venezia ci sono tante spie, che l’avrebbero riconosciuta, che potevano avere dispiaceri gravi... insomma.... cosa vuoi che ti dica.... sono tutti.... impastati di paura.... È una pietà. Io pensai a te, mamma, alla tua anima generosa... e dissi: «Se volete, la conduco a casa mia». Fu un sollievo per tutti. Il cugino mi ringraziò calorosamente; mi presentò all’ambasciatore russo e al cavalier Pesaro dal quale ebbi tutte le informazioni necessarie. A Verona tro-