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abbiamo mostrato appartenere alla virtù della forza e della generosità.

Scolio. Altra è la comune opinione del volgo. Perchè i più sembrano credere di essere liberi solo in quanto possono obbedire alle cupidigie loro e di perdere tanto del proprio diritto, quanto della vita loro debbono subordinare alle prescrizioni della legge divina. La pietà, la religione e in genere tutto quanto appartiene alla grandezza d’animo, sono per essi dei pesi che sperano di deporre dopo la morte per ricevere il premio del lungo servire, cioè della carità e della religione: nè sono indotti a vivere sotto la legge divina (per quanto la loro miseria e debolezza lo permette) solo per questa speranza, ma anche e specialmente per paura, per non essere dopo la morte puniti con feroci supplizi. E se gli uomini non avessero questa speranza e questa paura, ma credessero che la mente perisce col corpo e che ai miseri, gravati dal peso della virtù, non v’è speranza di altra vita, essi si abbandonerebbero al proprio capriccio e vorrebbero dirigere le cose secondo le loro cupidigie ed obbedire alla fortuna piuttosto che a se stessi. Il che non è meno assurdo del caso di chi, credendo di non poter nutrire in eterno il corpo con buoni cibi, volesse riempirsi piuttosto di cibi nocivi e velenosi; o di chi vedendo la mente non essere eterna od immortale preferisse essere e vivere senza la ragione: cose tanto assurde, che non vale la pena di arrestarvisi.


Perchè la beatitudine, così conclude Spinoza la sua Etica, non è il premio della virtù, ma è la virtù stessa.


Prop. 42. La beatitudine non è premio della virtù, ma è la virtù stessa: noi non godiamo di essa perchè dominiamo le nostre cupidigie, ma anzi possiamo dominare le nostre cupidigie perchè della beatitudine già siamo in possesso.

Scolio. Con questo ho esaurito ciò che voleva dire circa la potenza della mente sulle passioni e la libertà della mente. Da tutto ciò appare quanto più valga e quanto sia superiore il saggio all’ignorante, che è solo mosso dalle sue cupidigie. L’ignorante infatti, oltre che è agitato in molti modi dalle cause esterne e non ha mai un momento di vera serenità, vive quasi ignaro di sè, di Dio e delle cose e appena cessa di patire, cessa