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grande. Così un pensiero è limitato da un altro pensiero. Ma il corpo non è limitato dal pensiero, nè il pensiero dal corpo.

Questo mondo di cose periture ci è dato sotto una duplice forma: da una parte come un mondo di esseri estesi, sempre limitati e determinati da altri esseri estesi: dall’altra come un mondo di attività spirituali limitate e determinate da altre attività spirituali. Due mondi coesistenti in un unico mondo, costituenti due serie parallele che non interferiscono mai: in ciascuna di esse ogni elemento è sempre condizionato da elementi della stessa serie, è sempre una cosa «finita nel suo ge­nere». Qui è già in breve introdotta quella visione parallelistica della realtà, che sarà più ampiamente svolta nel secondo libro.

Def. 3. Intendo per sostanza ciò che è in sè e per sè si concepisce: ossia ciò il cui concetto non ha bisogno di essere formato dal concetto di altro.

A questo mondo di esseri estesi o spirituali, ma tutti egualmente limitati, deve stare a fondamento un essere che non è, come gli esseri estesi finiti, in un altro essere esteso più grande, ma è in sè; e che non è, come i pensieri finiti, la determinazione d’un pensiero più gene­rale, ma è un pensiero che può essere concepito per sè, senza il sussidio di altro pensiero. Questo essere, che è veramente sotto l’uno e l’altro aspetto causa sui, è da Spinoza chiamato sostanza.

La parola sostanza ha nell’uso tradizionale due sensi. «In nomine subslantiæ duæ rationes indicantur; una est absoluta, scilicet essendi in se ac per se...; alia est quasi respectiva sustentandi accidentia» (Suarez, Disp. met., 33). Così anche Descartes. «Per substantiam nihil aliud intelligere possumus quam rem quæ ita existat, ut nulla alia se indigeat ad existendum». Tale è solo Dio: in questo senso Dio solo è sostanza. «Possunt autem substantia corporea et mens, sive substantia cogitans creata, sub hoc communi conceptu in-