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che Spinoza sembra in qualche passo favorire questa interpretazione; come, per es., nel cap. III del Trat­tato teologico politico, dove dice che le leggi di natura non sono altro che la stessa potenza di Dio. Ma egli non dice l’inverso: Spinoza vedeva troppo chiaramente che, riducendo Dio ad una molteplicità di leggi e di principii, si viene in fondo a porre una molteplicità assoluta, negando l’unità: ora tutta la sua filosofia è fondata sul principio opposto dell’unità della sostanza, dell’unità del soggetto di tutte le cose.

Più vicini allo spirito della sua filosofia sono quelli, che, come Hegel, hanno definito la filosofia di Spinoza una specie di acosmismo. Ma anche questo può venir inteso in più sensi. Se si intende nel senso che ogni entità particolare è irreale e si dissolve nell’unità in­ distinta dell’infinito, tale non è l’opinione di Spinoza. Basti ricordare il rapporto fra gli attributi e la so­stanza. Dio non è per Spinoza l’indistinzione assoluta: è un’unità non determinata in alcun modo particolare, ma comprendente in sè tutti i particolari: è una molteplicità identica, un’unità infinitamente ricca e varia nella sua vivente molteplicità. Legittimo è invece il concetto di acosmismo se si applica al rapporto del mondo eterno della sostanza col mondo umano creato dal nostro senso: il quale non è che una visione imperfetta del mondo eterno e per sè non esiste affatto. Ma di questo più innanzi.

Merito di Spinoza ad ogni modo è l’avere accentuato nella filosofia moderna questo principio dell’unità fon­damentale delle cose in Dio, l’aver eliminato l’ambiguo concetto delle sostanze create, che sono in Dio e fuori di Dio, che tutto hanno da Dio e tuttavia dovrebbero possedere un’attività indipendente da Dio. In quest’am­biguità hanno la loro origine la maggior parte delle eterne questioni che trascina appresso a sè, come dif­ficoltà insolubili, il pensiero teologico.

6) Per ultimo Dio è nell’eternità, non nel tempo (prop. 19): ciò segue dal concetto stesso della sostanza,