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Ass. 5. Noi non sentiamo nè percepiamo altre cose partico­lari fuorchè corpi e modi di pensiero.

Noi siamo un corpo ed un pensiero, una coscienza, e non siamo in contatto che con altri modi dell’esten­sione e del pensiero.


III. — Il parallelismo.


1) Il libro secondo si può dividere in cinque parti. Nella prima (prop. 1-13) Spinoza svolge il suo parallelismo metafisico. Segue una serie di assiomi, lemmi e postulati, nella quale Spinoza espone, come in una digressione, la sua fisica. Quindi nelle prop. 14-23 svolge le sue teorie antropologiche; nelle prop. 24-36 tratta della imperfezione del nostro conoscere e delle relative cause; nelle prop. 37-47 tratta della possibilità della conoscenza vera e della via che ad essa conduce. Le prop. 48-49 sono una specie di appendice che prepara il passaggio al libro terzo.


2)

Prop. 1. Il pensiero è un attributo di Dio, cioè Dio è cosa pensante.

Prop. 2. L’estensione è un attributo di Dio, cioè Dio è cosa estesa.

Dai modi finiti del pensiero e dell’estensione noi ci eleviamo al concetto d’un pensiero infinito e d’un’estensione infinita, che sono i due attributi divini a noi noti. Già si è veduto come in Et., I, 15, scol., Spinoza di­fenda la sua dottrina dell’estensione in Dio. Del resto anche la dottrina comune riferisce a Dio l’onnipre­senza: ora che cosa è questa se non un’estensione dina­mica? Nei Principii di fil. cartes. (I, 9) Spinoza dice che l’immaterialità di Dio non deve essere intesa nel senso che tutte le perfezioni dell’estensione debbano essergli negate: l’estensione deve essere di lui negata solo in quanto può involgere un’imperfezione (e cioè come estensione sensibile e divisibile, quantità).