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solo dalla detta idea. E così è parallela sotto i due aspetti anche la concatenazione causale finita: all’ordine, per cui le cose finite sembrano generarsi causalmente, corrisponde un ordine della generazione delle idee, per cui ogni idea di cosa finita ha per causa un’altra idea finita (cioè Deum, quatenus alia rei singularis actu existentis idea affectus consideratur) e così all’infinito.

Prop. 8. Le idee delle cose singolari, o modi, non esistenti devono essere comprese nell’idea infinita di Dio alla stessa maniera che le essenze formali, o modi, sono contenute negli attributi di Dio.

Corollario. Da ciò segue che fintanto le cose singolari non esistono se non in quanto sono comprese negli attributi di Dio, il loro essere obbiettivo1, cioè le loro idee, non esistono se non in quanto esiste l’infinita idea di Dio: e quando le cose singolari son dette esistere non solo in quanto sono comprese negli attributi di Dio, ma anche in quanto son dette durare, le loro idee involgono altresì l’esistenza per la quale son dette durare.

Prop. 9. L’idea d’una cosa singolare esistente in atto ha per causa Dio non in quanto è infinito, ma in quanto lo si considera come affetto dall’idea d’un’altra cosa esistente in atto, idea della quale Dio è egualmente causa in quanto è affetto da una terza e così all’infinito.

4) Le prop. 10-13 applicano il parallelismo all’uomo.

Prop. 10. All’essenza dell’uomo non appartiene la sostanza: ossia l’essere formale dell’uomo non è costituito da una sostanza.

L’uomo è modo, non sostanza: perciò è soggetto al­l’esistenza separata. Tutti riconoscono, dice Spinoza, nello scolio al corollario della prop. 10, che le cose non possono essere senza Dio: ma non sono poi egualmente

  1. Spinoza si vale qui, nella sua terminologia, della contrapposizione scolastica: formale-obiectivum, che corrisponde, nel linguaggio nostro, alla contrapposizione: oggettivo-soggettivo.