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coerenti nel riconoscere che Dio deve perciò essere ri­conosciuto come la vera sostanza delle cose. Bisogna pertanto distinguere tra l’essenza e la sostanza. Le essenze sono modi, sono i modi infiniti ed eterni, res fixæ et æternæ, costituenti l’essere immutabile delle cose, che nell’esistenza empirica — come modi finiti — sem­brano sorgere e perire: quindi non sono sostanze, sono la sostanza determinata in un particolare modo: la sostanza è una sola.

L’anima umana nella sua esistenza empirica non è che l’idea di una corrispondente realtà empirica, il corpo.

Prop. 13. L’oggetto dell’idea costituente la mente umana è il corpo, cioè un certo modo dell’estensione esistente in atto e niente altro.

L’anima umana nella sua esistenza empirica è sempre una parte di Dio; ma s’identifica con Dio non nella sua assolutezza, bensì con Dio quatenus hanc vel illam habet ideam. E quando l’anima conosce qualche cosa, s’identifica con Dio in quanto Dio, oltre all’idea dell’anima, ha l’idea di quell’altra cosa: ma poichè Dio non è solo questa o quella idea, bensì la totalità infi­nita che in sè comprende tutto il sistema delle idee, così quella conoscenza limitata dall’anima è necessariamente una conoscenza inadequata, ed imperfetta.

Da ciò segue che la mente umana è una parte dell’infinito intelletto di Dio: perciò quando diciamo che la mente umana percepisce questo o quello, non diciamo altro se non che Dio — non in quanto infinito, ma in quanto si esplica per la natura della mente umana, ossia in quanto costituisce l’essenza della mente umana — ha questa o quella idea; e quando diciamo che Dio ha questa o quella idea non solo in quanto costituisce la natura della mente umana, ma in quanto insieme con la mente umana ha anche l’idea d’un’altra cosa, allora diciamo che la mente umana apprende una cosa parzialmente o inadequatamente. (Et., II, 11, scol.).