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Di qui vediamo che l’essenza infinita e l’eternità di Dio sono da tutti conosciute. E poiché tutte le cose sono in Dio e sono concepite per mezzo di Dio, ne segue che noi da questa conoscenza potremo dedurre moltissime altre conoscenze ade­quate e formare così quel terzo genere di cognizione del quale dicemmo nello scolio 2 della prop. 40 e della cui eccellenza ed utilità tratteremo nel quinto libro. Che poi gli uomini non ab­biano di Dio una conoscenza così chiara come delle nozioni co­muni, viene da ciò che non possono rappresentarsi Dio come si rappresentano i corpi e che hanno associato il nome di Dio alle immagini delle cose che sono soliti a vedere; ciò che difficil­mente gli uomini possono evitare in quanto sono continuamente affetti dalle cose corporee. E in realtà la maggior parte degli errori consistono solo in questo, che non applichiamo giusta­mente i nomi alle cose. Quando alcuno dice che le linee con­dotte dal centro del circolo alla circonferenza sono disuguali, certo egli intende, almeno allora, per circolo altra cosa da quella che intendono i matematici. Così quando gli uomini er­rano in un calcolo, hanno nel pensiero altri numeri da quelli che hanno sulla carta... E di qui nascono la maggior parte delle controversie, ossia da ciò che gli uomini non spiegano corret­tamente il loro pensiero o interpretano male l’altrui. In realtà, quando massimamente si contraddicono, o pensano le stesse cose o pensano diversamente ma di cose diverse, sì che gli errori e gli assurdi, che si imputano, non sussistono. (Et., II, 47, scol.).


VIII. — Conoscenza ed azione.

Le prop. 48-49 sono una specie di passaggio al libro terzo sulle passioni, le quali non sono che un aspetto particolare, l’aspetto attivo della conoscenza inade­quata. Non vi è una facoltà di volere diversa dall’at­tività delle idee; il volere (in largo senso) non è che il nisus, l’appetitus, con cui ogni idea si afferma come ente. Le volizioni non sono quindi che affermazioni o negazioni di idee: l’intelletto e la volontà sono una cosa sola.