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Supponi ora che la pietra, mentre continua a muoversi, pensi e abbia coscienza del suo tendere, per quanto essa può, a conservare il movimento. Essa, pur essendo conscia soltanto del suo tendere ed essendo tutt’altro che indifferente, crederà di essere lìberissima e di perseverare nel movimento soltanto perchè essa lo vuole. E questa è quella libertà umana che tutti si vantano di avere e che consiste solo in ciò che gli uomini hanno coscienza dei loro appetiti, ma non delle cause da cui sono determinati. (Lett. 58).

La libertà è virtù o perfezione: tutto ciò che implica nel­l’uomo impotenza non può quindi venir riferito alla libertà. Quindi l’uomo non può esser detto libero perchè può non esistere o può non servirsi della ragione, ma solo in quanto ha la facoltà dì esistere e di operare secondo le leggi della natura umana. Quanto più quindi affermiamo un uomo essere libero, tanto meno potremo dire che possa non servirsi della ragione e preferire il male al bene: e perciò Dio che esiste, intende ed opera con assoluta libertà, esiste, intende ed opera anche necessariamente, cioè per la necessità della sua natura. Perchè non è dubbio che Dio opera con la stessa necessità con cui esiste: come dunque esiste per la necessità della sua natura, così opera anche per la necessità della sua natura, cioè opera con assoluta libertà. (Tratt. polit., I, 7).

Si confronti la dottrina di Spinoza sulla libertà con la dottrina del calvinismo ortodosso, imperante allora in Olanda: «Sic libertas est comparata, ut non pugnet cum omni necessitate et determinatione. Pugnat equidem cum determinatione violenta, sive cum necessitate coactionis, sed optime convenit cum necessitate immutabilitatis, infallibilitatis et dependentiæ. Nam Deus necessario odit peccata... et eadem odit libere, idest non coacte. Sic beati spiriti in cœlis maiori libertate sunt præditi quam nos in hac vita. Illi antem necessario tantum justa et recta volunt... et hæc est maxima voluntatis perfectio, ferri dumtaxat in bonum». (Atti del Sinodo nazionale di Dordrecht, Hanau, 1620, p. 706).

Resta infine di mostrare quanto la conoscenza di questa dottrina serva alla pratica della vita, il che facilmente rileve-