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buono per ciò che ci sforziamo, lo vogliamo, lo appetiamo e desideriamo». Ma nella parte 2a dello scolio alla prop. 11 Spinoza ristabilisce chiaramente l’equilibrio. Certo la mente segue il destino del corpo: tolto il corpo, è tolta la mente. Ma ciò non perchè il corpo valga a determinare o negare l’esistenza della mente: la negazione della mente risale ad un’altra idea che è ostile alla nostra mente nella stessa misura che è ostile al nostro corpo quell’altra corrispondente attività corporea, dalla quale il nostro corpo è negato.

La passione fondamentale (degli stati attivi che accompagnano il conoscere adequato Spinoza dirà in breve alla fine di questo libro) è perciò l’appetitus o cupiditas, col quale nome Spinoza intende (in quanto può essere anche uno stato attivo) «l’essenza stessa dell’uomo in quanto è pensata come determinata da una sua qualche affezione all’azione» (def. 1)1; ma, considerato solo come passione, può dirsi il conatus del modo finito verso la perpetuazione e la perfezione dell’essere suo: essa è ciò che sotto l’aspetto puramente spirituale diciamo volontà. Quando l’appetitus è favorito nel suo tendere verso la perfezione abbiamo la gioia (lætitia) quando è contrariato, abbiamo il dolore (tristitia). È chiaro che queste tre passioni fondamentali sono in fondo una sola e medesima cosa: la gioia è l’appetitus nella sua espansione, il dolore l’appetitus nella sua compressione. E ciò tanto è vero che la gioia e il dolore fomentano l’appetitus, la prima in quanto eccita un desiderio più intenso della vita e dell’azione, il secondo in quanto provoca una reazione che è tanto maggiore, quanto maggiore è il dolore (prop. 37).

Qui è da notarsi un punto. Spinoza pone come causa del dolore la diminuzione della nostra potenza (o essenza), il passaggio ad una minor perfezione: ora come è ciò possibile? Ogni cosa nella sua vera essenza è indistruttibile: se la nostra essenza potesse venir dimi-

  1. Queste definizioni sono le definizioni delle passioni raccolte da Spinoza nell’appendice al libro terzo.
6 — B. Spinoza, L’Etica.