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     E voi, che lunga e dolce primavera31
serbate, ombrose selve, e sète spesso
fido soggiorno a questa e a quella fèra,
     mostrate tutte al mio signore espresso34
che non pur i diletti mi son noia,
ma la vita m’è morte anco senz’esso.
     Ei si portò, partendo, ogni mia gioia,37
e, se, tornando omai, non la rimena,
per forza converrá tosto ch’io moia.
     La speme sola al viver mio dá lena,40
la qual, non tornand’ei, non può durare,
da soverchio disio vinta e da pena.
     Quell’ore, ch’io solea tutte passare43
liete e tranquille, mentre er’ei presente,
or ch’egli è lunge son tornate amare.
     Ma, lassa, a torto del suo mal si pente,46
a torto chiama il suo destin crudele,
chi volontario al suo morir consente.
     Lassa, io devea con mie giuste querele49
o far che non andasse, o far ch’andando
non desse al vento senza me le vele;
     ch’or non m’andrei dolente lamentando,52
né temenza d’oblio, né gelosia
non m’avrebber di me mandata in bando.
     Emendate, signor, la colpa mia55
voi, ritornando ove ’l vostro ritorno
piú che la propria vita si disia.
     E, se rimena il sole un dí quel giorno,58
non pensate mai piú da me partire,
ch’io non vi sia da presso notte e giorno,
     poi ch’io mi veggo senza voi morire.61