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ii - rime varie 145


CCXLIX

A donna insigne per bellezza e costumi.

     Alma fenice, che con l’auree piume
prendi fra l’altre donne un sí bel volo,
ch’Adria ed Italia e l’uno e l’altro polo
tutto di meraviglia empi e di lume,
     bellezza eterna, angelico costume,
petto d’oneste voglie albergo solo,
deh, perché non poss’io, come vi còlo,
versar, scrivendo, d’eloquenzia un fiume?
     Ché spererei de la piú sacra fronde,
cosí donna qual sono, ornarmi il crine,
e star con Saffo e con Corinna a lato.
     Poi che lo stil al desir non risponde,
fate voi co’ be’ rai, luci divine,
chiare voi stesse e questo mar beato.


CCL

Ad un signore, dolendosi di non poter seguirlo a Padova.

     Voi n’andaste, signor, senza me dove
il gran troian fermò le schiere erranti,
ov’io nacqui, ove luce vidi innanti
dolce sí, che lo star mi spiace altrove.
     Ivi vedrete vaghe feste e nove,
schiere di donne e di cortesi amanti,
tanti, che ad onorar vengono, e tanti,
un de li dèi piú cari al vero Giove.
     Ed io, rimasa qui dov’Adria regna,
seguo pur voi e ’l mio natio paese
col pensier, ché non è chi lo ritegna.
     Venir col resto il mio signor contese;
ché, senza ordine suo, ch’io vada o vegna
non vuole Amor, poi che di lui m’accese.