Pagina:Stampa, Gaspara – Rime, 1913 – BEIC 1929252.djvu/241

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     127Venere in letto ai vezzi vi ravvisa,
a le delizie che ’n voi tante scopre,
chi da pietá vi trova non divisa;
     130si come nel compor de le dotte opre,
de le nove Castalie in voi sorelle
l’arte e l’ingegno a l’altrui vista s’opre.
     133E cosi ’l vanto avete tra le belle
di dotta, e tra le dotte di bellezza,
e d’ambo superate e queste e quelle;
     136e, mentre l’uno e l’altro in voi s’apprezza,
d’ambo sarebbe l’onor vostro in tutto,
se la beltá non guastasse l’asprezza.
     139Ma, se ’n voi la scienzia è d’alto frutto,
perché de la bellezza il pregio tanto
vien da la vostra crudeltá distrutto?
     142Accompagnate l’opra in ogni canto;
e, come la virtú vostra ne giova,
la beltá non sia seme del mio pianto:
     145in tanto amor tanto dolor vi mova,
si che di riparar ai tristi affanni
entriate meco in lodevole prova.
     148S’al tempo fa si gloriosi inganni
la vostra musa, la beltá non faccia
a se medesma irreparabil danni.
     151A Febo è degno che si sodisfaccia
dal vostro ingegno; ma da la beltate
a Venere non meno si compiaccia;
     154le tante da lei grazie a voi donate
spender devete in buon uso, si come
di quelle, che vi diede Apollo, fate:
     157con queste eternerete il vostro nome,
non men che con gli inchiostri; e lento e infermo
farete il tempo, e le sue forze dome.
     160Per la bocca di lei questo v’affermo:
non lasciate Ciprigna, per seguire
Delio, né contra lei tentate schermo;