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i - terze rime 257

VIII

Risposta della signora Veronica Franca

Veronica risponde dicendosi ancor soggetta ad uomo indegno, che le fa trascurare ogni altro amante. Forse un giorno, libera dal giogo, verrá a chi ora la supplica invano.

     Ben vorrei fosse, come dite voi,
ch’io vivessi d’Amor libera e franca,
non còlta al laccio, o punta ai dardi suoi;
     4e, se la forza in ciò d’assai mi manca,
da resister a Tarmi di quel dio,
che ’i cieio e ’l mondo e tin gli abissi stanca,
     7ch’ei s’annidasse fora ’l desir mio
dentro’l mio cor, in modo ch’io’l facessi
non repugnante a quel che piú desio.
     10Non che sovra lui regno aver volessi,
ché folle a imaginarlo sol sarei,
non che ch’un si gran dio regger credessi;
     13ma da lui conseguir in don vorrei
che, innamorar convenendomi pure,
fosse ’l farlo secondo i pensier miei.
     16Ché, se libere in ciò fosser mie cure,
tal odierei, ch’adoro; e tal, ch’io sdegno,
con voglie seguirei salde e mature.
     19E, poi ch’Amor anch’io biasmar convegno,
imaginando non si troveria
cosa piú ingiusta del suo iniquo regno.
     22Egli dal proprio ben l’alme desvia;
e, mentre indietro pur da ciò ti tira,
nel precipizio del tuo mal t’invia.
     25E, se ’l cor vostro in tanto affanno ei gira,
credete che per me certo non meno,
sua colpa, si languisce e si sospira;