Pagina:Stampa, Gaspara – Rime, 1913 – BEIC 1929252.djvu/319

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i - terze rime 313

     172Ma, s’al mio mal non puote altro piegarvi,
Tesser io tutta vostra mi conceda
ch’io possa almeno in tanto duol pregarvi:
     175forse fia che Torecchie e ’l cor vi fieda
il mio cordoglio, assai minore espresso
di quel ch’ai ver perfetto si richieda.
     178Tanto a me di vigor non è concesso,
ch’esprimer di quel colpo il dolor vaglia,
ch’io porto ne le mie viscere impresso:
     181in dir si com’Amor empio m’assaglia,
sí come oscura la mia vita ei renda,
     10stil debile a l’opra non s’agguaglia.
     184Da voi ’l mio mal nel mio amor si comprenda,
ch’è tanto quanto amabile voi sète;
e pia la vostra man ver’ me si stenda:
     187quella, in aiuto, man non mi si viete,
che ’l nodo seppe ordire al duro laccio
de la gravosa mia tenace rete;
     190e ’l volto, onde qual neve al sol mi sfaccio,
che m’invaghio di sua bella figura,
soccorra a quel dolor, ch’amando taccio.
     193D’alta virtú la divina fattura,
che ’n voi s’annida come in dolce stanza,
     11cui splendor m’accende oltra misura,
     196l’animo di piegarvi abbia possanza.
sí che in tanto penar mi concediate
alcun sostegno di gentil speranza.
     199Non dico che di me v’innamoriate,
né che, com’io per voi son tutta fiamma,
d’un amor cambievole m’amiate:
     202del vostro foco ben picciola dramma
ristorar può quell’incendio crudele,
che, s’io cerco ammorzarlo, e piú nT infiamma.
     205Amor, s’ho con voi merto, vi rivele;
e le parti, c’ho in me di voi non degne,
agli occhi vostri dolce offuschi e cele,