Pagina:Steno - La Veste d'Amianto.djvu/22

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Un’altra volta, mentre tuttavia la macchina rimaneva immobile, s’udì il rombo violento ricamato dal vivace scoppiettare incessante.

Poi, Noris alzò una mano e come sciogliesse le reclini a una irruente frenesia di fuga, la macchina fuggì, scivolò un poco, leggera, sul terreno, se ne staccò, si elevò e via corse, impennata verso il cielo, come un immane proiettile che da sè stesso attingesse la forza d’impulso e dalla vertigine della sua corsa l’equilibrio e dalla fredda audacia dell’uomo la sua via segnata nerazzurro.

La seguì, sollevandola, accompagnandola, sorreggendola idealmente in un magnifico scoppio d’entusiasmo il clamore di mille e mille voci, l’applauso di mille e mille mani ripetuto, continuato, insistente anche quando l’aereoplano era già alto e lontano e Noris non poteva percepirlo più.

Adesso il rombo del motore s’era mutato in un ronzio lontano appena percettibile ed Eva lo sentiva meno forte del pulsare del proprio cuore che urtava contro le pareti del suo fragile petto con una violenza che nessun ragionamento valeva ad attenuare.

Ecco, la cosa magnifica e tremenda era avvenuta: Ettore era lassù, dentro quel congegno così formidabile e così fragile, così possente e così incerto che poteva con una equivalenza spaventosa di probabilità dargli il successo o dargli la morte. Sotto i suoi occhi s’era compiuta la cosa magnifica e terribile.

Ed ella non lo aveva trattenuto, ed ella non aveva gridato, ed ella poteva, adesso, trovare la forza di seguirlo collo sguardo nelle evoluzioni audaci ch’egli andava compiendo nell’azzurro e delle quali ella apprendeva la bellezza e il pericolo solo attraverso i commenti del pubblico.

Ah, quei commenti, che susseguirsi di trasalti per il suo cuore malato!

Dicevano, le voci, accompagnando ogni nuova manovra dell’aviatore.

— Ora va verso il mare.