Pagina:Steno - La Veste d'Amianto.djvu/45

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quegli esercizi di virtuosità che mettevano a repentaglio la sua vita cento volte e cento in ciascuno dei suoi voli. Salito a un’altezza vertiginosa pareva precipitarne a un tratto a piombo dando la sensazione assoluta della caduta.

Giunto a un centinaio di metri dal suolo, ristabiliva l’equilibrio della sua macchina e risaliva lentamente descrivendo larghe spirali riposanti che calmavano per un poco lo sgomento della folla.

— La vita e la morte sono veramente un giuoco per lui, — disse Susanna sottovoce, per sè e forse anche per l’amica.

— Un giuoco, — confermò costei.

Adesso entrambe seguitavano l’acrobatismo aereo di Noris con un palpito che non era di angoscia ma di esaltazione.

Susanna non rammentava più il suo disdegno.

Ma era veramente quello l’uomo che ella aveva sprezzato, che aveva deplorato d’aver dovuto conoscere che s’era proposta di umiliare e di avvilire?

No. Ella era stata vittima di un inganno. Fra il suo disprezzo e la realtà c’era tutta la distanza che correva tra un aviatore e Noris.

Questi, non era un pilota, era il signore dell’aria.

D’aver trovato questa spiegazione e questa giustificazione si trovò tranquilla.

— La tua teoria dell’eccellenza è giusta, — ella disse rivolta all’amica.

Costei rispose semplicemente:

— Lo so. Bisogna aver veduto Noris volare prima di discorrere con lui.

Adesso, uno stesso stupore teneva le fanciulle e la folla dinanzi al giuoco di Ettore Noris che nessuno comprendeva più.

Mantenendosi a un’altezza di forse cinquanta metri, in modo che nitida apparisse in ogni sua parte la macchina portentosa e chiara e vicina a figura di lui ed evidente la manovra, egli descriveva un bizzarro intrico di curve alternate da rette a volte complete le une e le altre, a