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68 CAPO V.

di se alle popolazioni che lor succedettero nel Lazio alcun’orma dell’origine. Ed i vecchi Sicani e Sicolensi, compresi nel numero dei prischi Latini, che per unione partecipavano insieme delle carni della vittima sul monte Albano1, pare che possan credersi, e secondo che suona il nome, una qualche famiglia dei Siculi stessi. Così certe agnazioni, che si rinvengono in Roma ne’ suoi primi tempi, mostrano che talune originali schiatte del paese latino avean tratto i suoi propri casati o di Siculo, o di Aurunco, da radici puramente domestiche, e al tutto locali2. Non fu però la sede dei Siculi-Aurunci ristretta nel solo territorio d’intorno all’Anio ed al Tevere, ma s’estese in altre parti ancora, da che cresciuti alla vita pastorale s’andavano i suoi allargando di luogo in luogo o per bisogno di nuovo terreno, o per accidenti di guerra, che in quelle prime età di vita nomade solevano o espellere, o mischiare violentemente le tribù meno forti a grado di chi più poteva nell’armi. Si vuol che i luoghi dove appresso sedevano Falena e Fescennia appiè dell’Appennino, facessero parte

  1. Plin. iii. 9. Sicani, Sisolenses (Sicolenses?). Siffatte terminazioni differenti d’una prima forma semplice di nome, proprietà comunissima delle nostre lingue italiche, non cangiavano per niente il nome del popolo: perciò dice acutamente Niebuhr: i Siculi del Lazio potevano benissimo essere chiamati anche Sicani. Tom. i not. 219
  2. Postumus Cominius Auruncus: Q. Clœlius Siculus: come per mischianza di altre genti cinconvicine un Sicinius Sabinus; Aquilius Tuscus; Triscotus Rutilus o Rutulus ec. v. Fast. Consul. ed Almelov. p. 48 49 51.