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Pagina:Storia degli antichi popoli italiani - Vol. II.djvu/200

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194 CAPO XXIII.

che a celebrare la fama dei benemeriti cittadini si cantavano stando a mensa ne’ solenni conviti[1]. Varrone fa menzione di tragedie tosche d’un tale Volunnio[2]: elle han dovuto essere composizioni dell’età in cui s’era di già introdotto il costume greco nel romano teatro; e lo persuade ancora la qualità di certe figurine sceniche trovate in Etruria, del tutto simili all’uso latino[3]. Per lo contrario le favole atellane danno una più giusta idea delle prime composizioni teatrali degli Osci usate nella Campania[4]. Questo genere di farse burlesche, dove i costumi e gli affetti veggonsi esposti con quella caricatura e naturalezza che son presso al popolo, abbondava per certo di scherzi, equivoci, e motti arguti, in cui lo spirito ha pur sempre il piacere di indovinare[5]: usava modi e personaggi propriamente oschi: cioè il

  1. Carmina, quae multis saeculis ante suam aetatem in epulis esse cantitata a singulis conviviis de clarorum virorum laudibus in Originibus scriptum reliquit Cato. Cicer. Brut. 19.; Tuscul. iv. 2.; Nonius ii. 70. Assa voce.
  2. Volumnius qui tragoedias tuscas scripsit. Varro l. l. vi. 9. La Volunnia è famiglia istorica frequentemente nominata in lapidi perugine: perciò non quadra la correzione in Volnio, che adduce Niebuhr. T. i. not. 415.
  3. Vedi tav. cxix. 2.
  4. Fabularum Latinarum, quae a civitate Oscorum Atella, in qua primum coepta, Atellanae dictae sunt: argumentis dictisque jocularibus similes satyricis fabulis Graecis. Diomed. gram. inst. iii.
  5. Oscura, quae Atellanae more captent. Quintil. vi. 3.