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276 CAPO XXVI.

per l’assidua diligenza che poneva il pastore nell’ovile1. Di tal modo greggi copiose avviatesi dalla Puglia e dalla Calabria, ove stanziavano l’inverno, passavano in Sannio e in Lucania per ivi pascolar l’estate ne’ freddi monti di quelle regioni2. Per uguali studi e per cauti governi, prosperavano del pari le specie dei grossi animali domestici. Tra le doti più particolari dell’Italia, Plinio novera la bellezza e gagliardia dei tori nostrali3. I buoi aratori, compagni dell’uomo alle fatiche campestri, erano ogni dove allevati con molta industria a causa della robustezza, grandezza e bontà loro4. Non si moltiplicavano meno in ogni luogo acconcio per natura anche le razze di buoni cavalli: massime ne’ Veneti, nella Puglia, nella Calabria5, in Sannio6, e sì ancora in Toscana7. Numerosissima era la copia dei porci nudriti per le selve dell’Italia superiore, dell’Etruria e di Lucania8, quale ordinario alimento del popolo e delle

  1. Strabo vi. p. 196.; Horat. i. od. 31. 5., iii. od. 13.; Juvenal. vi. 101.; Plin.; Columell.; Martial. l. c.
  2. Varro r. r. ii. 1.; Horat. Epod. i. 27-28. et vet. interp. ad h. l.
  3. Tot opima tauris colla. Plin. iii. 5., xxvii. extrem.
  4. Varro r. r. ii. 5.; Columell. vi. 1.; Virgil. Georg. ii. 146.
  5. Strabo. v. p. 147., vi. p. 196.; Plin. xxv. 4., xxxvii. extr.; Virgil. Georg. ii. 145.
  6. Juvenal. viii. 62.; Martial. iii. ep. 63.
  7. Oppian. de venat. i. 170.
  8. Polyb. ii. 17., xii. 1.; Strabo v. p. 151.