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284 CAPO XXVII.

perdite dolorose, comparissero di nuovo in campo nel 444 armati di tutto punto con scudi guerniti d’oro e d’argento, e con pettorali di maglia, vistosi elmi, e vesti a più colori1: tanto ambivano essi parer sontuosi in questi arnesi di guerra. Così vediamo i Clefti dell’Epiro, e gli altri valorosi di quelle montagne, porsi a battaglia forniti di ricche armi e di belli arredi2. Che tali generalmente per le nostre guerriere popolazioni erano le armille d’oro, le collane, gli anelli, tutti segni di qualificate onoranze e premi al valore. All’opposto i popoli del più centrale Appennino valevano principalmente come feritori alla leggiera. Per la natura del paese montuoso, e de’ luoghi malagevoli, erano essi spediti, repentini e gagliardi: franchi tiratori di mano, chi adoperava la fionda, chi la balestra, chi il verretto, o altra qualità di saettame: combattendo in battaglia sparsa fuori delle prime file si destinavano assai propriamente a investire da più parti il nemico istancandolo colle armi da tiro. Ed ottimi feritori per la forza del saettamenta non meno che per celerità di azione, erano massima-

  1. Liv. ix. 40. Duo exercitus erant: scuta alterius auro, alterius argento caelaverunt: forma erat scuti: summum latius, qua pectus atque humeri teguntur, fastigio aequali: ad imum cuneatior, mobilitatis causa, spongia pectori tegamentum; et sinistrum crus ocrea tectun: galeae cristatae, quae speciem magnitudini corporum adderent: tunicae auratis militibus versicelores, argentatis linteae candidae.
  2. Fauriel. Chants pop. de la Grèce.